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Minucio Felice, Marco.

Apologista cristiano. Di origine africana, fu avvocato in Roma. La sua fama è legata all'Octavius, scritto sotto forma di dialogo, sul modello dei dialoghi ciceroniani, in 41 capitoli. Il dialogo si svolge a Ostia, tra l'autore e due suoi amici, Ottavio Gennaro e Cecilio Natale. Lo scritto presenta un prologo introduttivo (capitoli 1-4) in cui M. viene scelto come arbitro nella disputa tra i due amici suscitata dal saluto rivolto da Cecilio a una statua del dio pagano Serapide. Ottavio, convertito alla nuova fede cristiana, rimprovera l'amico per la sua idolatria. Seguono (capitoli 5-13) la difesa del paganesimo da parte di Cecilio, secondo cui il culto degli dei va considerato come un'istituzione benefica, e la sua contemporanea accusa al cristianesimo, di cui sottolinea gli aspetti negativi (immoralità, empietà, crimini, ecc.). Tuttavia, Ottavio (capitoli 14-38) confuta tutte le critiche di Cecilio provando, con riferimenti all'ordine, all'armonia e alla perfezione dell'universo, l'esistenza di un Dio unico e provvidente, contro il politeismo pagano; difende inoltre, contro la provata immoralità pagana, l'eticità della vita e della dottrina cristiana; Cecilio, viste cadere tutte le sue argomentazioni (capitoli 39-41), si dichiara vinto e pronto a convertirsi al cristianesimo. L'apologetica di M. tende a conciliare cristianesimo e paganesimo, sottolineando soprattutto la ragionevolezza della nuova fede e la sua compatibilità con i principi morali e filosofici espressi anche dai più grandi autori pagani. È significativo in questo senso che nell'Octavius manchino espliciti riferimenti alle Scritture e agli elementi più specifici del cristianesimo. Dal punto di vista della datazione, si sono notati molti punti di contatto tra l'opera di M. e l'Apologeticum di Tertulliano, pure nella radicale diversità di intonazione polemica; discusso è il problema della priorità cronologica tra le due opere. M. scrisse anche il De fato o Contra mathematicos, opera andata perduta (II-III sec.).